REGGIO EMILIA - Due procedure mini-invasive sul cuore senza aprire il torace per l’equipe della Cardiologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova.
Il rischio più frequente per chi soffre di fibrillazione atriale è di andare incontro a ictus ischemici causati dalla formazione di trombi (coaguli) all’interno del cuore.
La terapia richiede l’assunzione di farmaci anticoagulanti del sangue ma è controindicata per coloro che presentano un rischio di sanguinamento elevato o hanno avuto un’emorragia.
In sette di questi casi l’equipe cardiologica dell’Arcispedale Santa Maria Nuova diretta da Alessandro Navazio ha eseguito la chiusura percutanea dell’auricola sinistra, sede in cui con maggiore frequenza si formano i trombi. L’innovativa procedura costituisce oggi una valida alternativa per i pazienti per i quali i farmaci anticoagulanti sono controindicati.
L’equipe operatoria era composta dai cardiologi Gianluca Pignatelli e Teresa Grimaldi e sono state eseguite nel Laboratorio di Emodinamica del quale è responsabile Vincenzo Guiducci.
“In Emilia Romagna dallo scorso mese di ottobre” spiega Navazio “la procedura di chiusura percutanea dell’auricola può essere eseguita anche in ospedali nei quali non sia presente la struttura di cardiochirurgia ma sia attivo un Laboratorio di Emodinamica con adeguata dotazione di apparecchiature e personale esperto, come è il caso del Santa Maria Nuova. Si tratta di un notevole passo avanti per la rete cardiologica reggiana, grazie al quale possiamo offrire ai pazienti più fragili un intervento mini-invasivo di alto livello tecnologico-professionale e di grande impatto prognostico”.
La fibrillazione atriale e il rischio di trombi
Durante la fibrillazione atriale il battito cardiaco è irregolare, spesso accelerato e le camere chiamate atri non si contraggono; questo provoca una stasi del sangue nei soggetti più a rischio e aumenta la probabilità di formazione di coaguli (trombi) che possono raggiungere le arterie cerebrali. Gli ictus ischemici cerebrali sono provocati dall’ostruzione di un vaso arterioso dovuta, appunto, a un embolo che proviene dal cuore, evento che riduce l’apporto di sangue ossigenato in una determinata porzione di cervello.
La procedura
Le evidenze mostrano che nel 90% dei casi la formazione di coaguli avviene all’interno di un’appendice dell’atrio sinistro del cuore, la auricola, ed è su questa che la procedura viene eseguita.
L’intervento è svolto con tecnica percutanea, senza aprire il torace, attraverso la vena femorale che viene punta all’inguine. Il dispositivo che viene impiantato all’interno dell’auricola la esclude dalla circolazione sanguigna con la chiusura attraverso l’inserimento di un catetere (tubicino cavo). La procedura si serve della guida radiologica ed ecocardiografica.
La durata media della degenza è di 36 ore.
Nelle scorse settimane, per la prima volta al Santa Maria Nuova, la stessa equipe cardiologica ha portato a termine un altro intervento di portata innovativa.
Si è trattato della chiusura di “leak paravalvolare” mitralico ovvero l’inserimento di un dispositivo (plug) che ha consentito di ripristinare il corretto funzionamento di una valvola mitralica precedentemente impiantata. Anche in questo caso, la tecnica mini-invasiva, eseguita tramite puntura della vena femorale, è stata l’unica alternativa valida, trattandosi di un paziente fragile per il quale un intervento di cardiochirurgia tradizionale avrebbe presentato un rischio operatorio proibitivo.
Foto in allegato, da sinistra: Alessandro Navazio, Sergio Musto D’Amore, Gianluca Pignatelli, Teresa Grimaldi, Vincenzo Guiducci.
03/05/2023
Autore:
Paolo Ruini
paoloruini@canaledisecchia.it