SASSUOLO - Confindustria ha ottenuto in anteprima il testo della proposta UE di modifica del
regolamento antidumping nella parte che riguarda la nuova metodologia di calcolo del
dumping, che verrà adottata dal Collegio dei Commissar. Tale passaggio
sancisce l’avvio dell’iter legislativo della proposta che, tuttavia, per poter essere
definitivamente applicata, sarà sottoposta all’approvazione del Consiglio e del
Parlamento europeo che in base alla procedura di co-decisione dovranno esaminarla.
Le implicazioni tecnico-giuridiche del dossier sono da tempo oggetto di approfondimento
da parte di Confindustria ed in base agli elementi e informazioni filtrate nel corso degli
ultimi mesi abbiamo avanzato soluzioni tecniche alternative agli orientamenti della
Commissione ed alle varie ipotesi circolate informalmente che ci lasciavano perplessi.
Abbiamo a più riprese sottolineato la nostra posizione sulla necessità che nell’impianto si
mantengano alcuni punti fermi ed in particolare il riferimento alla sezione 15 del
protocollo di adesione della Cina all’OMC che sanciscono invece chiaramente che:
anche dopo la decadenza di alcune sue parti, l’UE può continuare a trattare il
dumping cinese con una metodologia a parte perché originario di un sistema non
di mercato;
la necessità di preservare i 5 criteri macroeconomici che stabiliscono la
prevalenza delle condizioni di mercato in un’economia;
l’onere della prova sulla sussistenza di condizioni di mercato resti, come accade
attualmente, in capo al produttore estero (cinese).
I contenuti della proposta risultano decisamente negativi, disattendendo le nostre
richieste e le aspettative del governo, che su questo dossier ha fin dall’inizio condiviso la
nostra linea ed ha apertamente sostenuto le istanze dell’industria. Nello specifico, nella
nuova proposta
- non vi è alcun riferimento né indicazione esplicita al Protocollo di Adesione della Cina al
WTO, né alle sue disposizioni sulla facoltà della UE di continuare ad utilizzare
metodologie alternative a quella ordinaria, qualora la Cina non dimostri di essere
un’economia di mercato in base alle regole del paese importatore (UE);
- non si contemplano i 5 criteri utilizzati fino ad oggi per valutare la prevalenza delle
condizioni di mercato ma sono indicati criteri simili, elencati peraltro a titolo
esemplificativo (“inter alia”);
- si opera una distinzione delle metodologie di calcolo da applicare secondo le categorie
dei paesi membri WTO e non membri WTO. Per questi ultimi (non WTO) continua ad
applicarsi il metodo alternativo attuale (“paese analogo”). Tuttavia, essendo la Cina
membro WTO dal 2001, la nuova disciplina – per ammissione stessa della Commissione
- è “Country neutral” equiparando in linea di principio la Cina agli US o a qualsiasi altro
partner internazionale, salvo dimostrare l’esistenza di “significative distorsioni di
mercato”. Il che equivale, di fatto, a concederle lo status MES.
- per i casi in cui vengono rilevate queste “significative distorsioni di mercato”, il valore
normale dei prodotti su cui calcolare il dumping sarebbe costruito sulla base di un
“paniere” (benchmark) di prezzi e costi di produzione elaborati a livello mondiale, oppure
sulla stessa metodologia adoperata per i Paesi non membri WTO, lasciando un’area di
sensibile incertezza in merito al fattore cruciale, ossia la metodologia di calcolo;
- un non ben definito rapporto (presumibilmente un atto non legislativo) predisposto dai
servizi della Commissione europea e riguardante alcuni (certain) paesi o settori costituirà
il riferimento per giustificare l’adozione della metodologia di calcolo alternativa a quella
standard ed il presupposto per attivarla, lasciando totale discrezionalità alla
Commissione UE, poiché i dati contenuti in questo rapporto non sarebbero oggetto di
possibili analisi, revisioni o modifiche da parte delle altre istituzioni, né tantomeno
dell’industria Ue;
- tra gli strumenti per calcolare il dumping, si contempla anche il c.d. “aggiustamento dei
costi”, metodologia già oggetto di una sentenza WTO, recentemente confermata in
appello e di una sentenza della Corte di Giustizia delle CE sullo stesso tema (caso
“Biodiesel Argentina e Indonesia”), che censurano la UE per averlo utilizzato, incrinando
in partenza la tenuta legale dell’impianto complessivo, facilmente oggetto di ricorso da
parte cinese;
- l'onere della prova – che fino ad oggi (e anche in futuro secondo il protocollo di
adesione della Cina al WTO) era a carico dei produttori cinesi, passa in capo all'industria
UE che, nella fase di denuncia, dovrà provare l’esistenza di distorsioni facendo
riferimento alle informazioni contenute nel rapporto. Vi sono assai serie preoccupazioni
che questo “rapporto” contempli effettivamente tutti i Paesi, tutti i settori industriali
suscettibili di dumping e fornisca all’industria UE gli elementi necessari a dimostrare le
distorsioni di cui sopra;
- si prevede una transizione graduale dall’attuale sistema al nuovo (grandfathering). Tale
meccanismo di “tutela” per i dazi già applicati e/o per le inchieste in corso al momento
dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni, tuttavia, può essere soggetto a vincoli (casi
di “riesame” per mutate condizioni del contesto) che rendono aleatoria la data di
decorrenza (quindi di vigenza) del grandfathering, penalizzando l’industria europea che
gode attualmente di dazi calcolati sulla base del metodo precedente.
Prime conclusioni. I timori di una proposta legislativa sostanzialmente disancorata dai
riferimenti giuridici attuali e, pertanto, di dubbia tenuta in sede di contenzioso WTO,
nonché di incerta ed onerosa applicazione per quanto attiene al ricorso da parte delle
imprese allo strumento dell’antidumping, appaiono interamente confermati. Con questa
proposta, la Commissione ottiene il risultato di evitare un riconoscimento “formale” dello
status di economia di mercato alla Cina, ma opera una revisione del sistema che
depotenzia seriamente la possibilità di calcolare il reale margine di dumping delle
esportazioni cinesi in maniera certa e chiaramente codificata. Di fatto, quindi, una
concessione de facto.
18/11/2016
Autore:
Paolo Ruini
paoloruini@canaledisecchia.it